sabato 15 febbraio 2014

Storie di Manetto dei Sette Santi Fondatori [Schede per l'iconografia del santorale OSM]



Per l’iconografia dei Sette Santi Fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria il seicento rappresenta un periodo di ricca produzione artistica soprattutto in Toscana. Possiamo ricordare, a titolo d’esempio, i cicli d’affreschi dipinti da Bernardino Barbatelli detto il “Poccetti” per i chiostri dei conventi della SS. Annunziata di Firenze e di Pistoia,  o quello di Alessandro Pillori per il convento di Monte Senario. Ma in questa sede vogliamo soffermare la nostra attenzione sopra un ciclo di storie dedicato singolarmente ad uno dei sette Fondatori: Manetto detto “degli Antellesi”.
Vi è nella tribuna del santuario della SS. Annunziata una cappella detta della Natività di Maria per via della bella tavola d’altare dipinta da Alessandro Allori (1535-1607). La cappella, fin dal 1475 sotto il patronato dei signori dell’Antella, venne abbellita splendidamente negli anni 1600-1602 per iniziativa del senatore Donato dell’Antella, mosso da grande devozione verso il beato Manetto ch’egli diceva appartenere ai suoi antenati [1]. La cappella fino al quel tempo semplice e disadorna si arricchì sia di marmi, pietre dure e lapislazzuli che di pitture commissionate ai migliori pennelli fiorentini del tempo. Alla già citata la tavola d’altare riguardante la Natività della Vergine vanno aggiunti altri quattro quadri di minori dimensioni. Questi quadri adornano le pareti della cappella e ricordano le principali scene di vita del beato Manetto. La particolarità di questo ciclo di storie è che si tratta un’interassente diversione sull’iconografia dei Sette Santi Fondatori. Risulta infatti più facile trovare i Fondatori rappresentati singolarmente, ma molto più raro identificare cicli di storie personali.
Il ciclo inizia con la tela in alto a sinistra, sulla cui fronte possiamo notare un ricco cartello in marmo con la scritta: novella vitis mira velocitate frondescens. Ai piedi del quadro vi è un altro cartello con la scritta: beatus manettus antell. ad montem senarium contendit mccxxxiii. Il quadro è opera di Alessandro Allori. Il soggetto del dipinto è la salita dei Sette Santi Fondatori al Monte Senario. Notiamo infatti un gruppo di sette uomini raccolti assieme e vestiti con l’abito dei Servi. Tra questi se ne nota uno, forse proprio Manetto, che rivolto ai compagni indica con un movimento del braccio destro la vetta ormai vicina e notiamo come il cammino dei sette venga preparato da alcuni angeli. Troviamo un riscontro del tema del quadro nella Legenda de Origine al n. 41: “Da lontano essi scorsero il monte indicato loro da Dio: si innalzava al di sopra dei monti circostanti. Si avvicinarono per vedere com’era fatto. In cima trovarono una radura bellissima, anche se piccola: da una parte una fonte di ottima acqua, tutt’intorno un bosco ordinatissimo, come se fosse stato piantato da mano umana. Questo era davvero il monte preparato loro da Dio. […] Perciò ringraziarono Dio di cuore. Una volta scoperto il luogo dove i loro progetti potevano realizzarsi, non dicevano più: "Venite, cerchiamo", bensì: "Venite, vediamo il luogo preparato dal Signore e saliamo al monte adatto alla nostra penitenza", e con timore di Dio e gioia insieme si dicevano l'un l'altro: "Perché aspettare ancora? Presto, presto, usciamo dalla città, lasciamo ogni rapporto con il mondo, non fermiamoci nella regione circostante, e non voltiamoci indietro per guardare quanto è nocivo alle nostre anime, ma saliamo su questo monte del Signore a noi riservato dalla divina provvidenza, perché in tutto possiamo realizzare la volontà di Dio secondo il nostro desiderio".
La seconda tela posta in basso è opera di Domenico Cresti (1558/60-1636), detto il “Passignano”. Nel cartello sotto il quadro leggiamo: b. m. generalis renuntiatur mcclxv. Notiamo un anziano frate dell’Ordine, Manetto appunto, al centro del quadro rivolto a sinistra. Alle sue spalle un altare, davanti a lui un gruppo di frati inginocchiati. Il frate tiene la mano destra alzata come per benedire i frati dinanzi a lui. Ancora la Legenda de Origine ci ricorda questo momento al n. 61: “nell'anno del Signore 1265, primo del pontificato di papa Clemente IV, fu eletto fra Manetto da Firenze, uomo di grande santità e devozione, di bell'aspetto e di natura delicata”. Stando alla documentazione, Manetto venne eletto priore generale dell’Ordine nel 1265, subentrando nell'incarico a Giacomo da Siena, rimanendo fino al 1267 anno in cui pare aver rinunciato al mandato venendo sostituito da Filippo Benizi.
Volgendo lo sguardo sulla destra in alto, notiamo la terza tela opera di Jacopo Ligozzi (1547-1627). Sulla fronte del quadro un cartello con la scritta magna servitor. auguratur incrementa. Un altro cartello ai piedi del quadro ci spiega il tema: b. m. a clemente iv p. m. plura obtinet privilegia. L’autore ritrae Manetto inginocchiato ai piedi del pontefice Clemente IV, in presenza dei cardinali. La Legenda de Origine ci dice, sempre al n. 61, che Manetto “…per la conferma si recò alla curia che allora si trovava a Perugia” ma non fa cenno dei privilegi ottenuti. Qui ci vengono in soccorso le fonti d’archivio: l’8 giugno 1265, Clemente IV conferma con la lettera Inducunt Nos il privilegio concesso il 25 luglio 1263 da papa Urbano IV all’Ordine dei Servi di poter tenere Capitolo generale ed eleggere un priore generale, il quale doveva essere confermato dal papa [2].
Arriviamo così all’ultima tela realizzata da Cristoforo Allori (1577-1621), figlio di Alessandro, che raffigurò un miracolo del beato, la guarigione di un giovane muto e storpio come viene ricordato pure dal cartello: b. m. mutum et claudum sanat. La Legenda de Origine non ci parla di questo episodio ma lo ritroviamo invece nel Dialogus de Origine Ordinis (1465) di fra Paolo Attavanti (1440-1499). L’autore indicò Manetto con il nome di “Benedetto”, cosa questa che in tempi successivi porterà altri autori dei Servi a indicare questo nome come quello usato prima di abbracciare la vita religiosa. E parlando appunto di lui l’Attavanti scrive in proposito che “Alcune persone gli portarono in gran pianto un loro nipote zoppo e muto, chiedendogli di guarirlo con la sua virtù e santità. “Ora Dio – egli disse –, da cui proviene ogni bene, esaudirà la vostra preghiera”. Stava preparandosi per la messa. Offrì a Dio il sacrificio e al termine, preso per mano l’infermo, lo mise in piedi guarito. Gli diede poi in bocca il corpo del Signore e, fatta la comunione, gli restituì la facoltà di parlare. Perciò, al colmo dello stupore, della gioia e del timore per questi mirabili fatti, la gente fu piena di esultanza”. [3]


fra Emanuele M. Cattarossi
albatrosm2013@gmail.com



[1] Si veda Il santuario della Santissima Annunziata di Firenze. Guida Storico-Illustrativa, Firenze 1876, pp. 154-157; E. Casalini, La SS. Annunziata di Firenze. Guida storico-artistica, II edizione, Firenze 1980, pp. 39-40; F. Petrucci, Santissima Annunziata, Roma 1992, pp. 53-54
[2] Analisi ed Edizione in F. A. Dal Pino, I Frati Servi di s. Maria dalle origini all’approvazione (1233ca-1304), Lovanio 1972, I, p. 925; II, pp. 27-29; regesto in Fonti Storico-Spirituali dei Servi di S. Maria, vol. I, Vicenza 1998, pp. 33-34 (n. 18).
[3] Paolo Attavanti, Dialogus fratris Pauli Florentini de origine Ordinis Servorum ad Petrum Cosmae (1465), edizione in P. M. Soulier, in Monumenta Ordinis Servorum, t. XI, Roulers 1910, pp. 88-112. Traduzione in Fonti Storico-Spirituali dei Servi di S. Maria vol. II, Vicenza 2002, pp. 494-500.

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