mercoledì 30 aprile 2014

La Madonna di San Pellegrino [Schede per l'agiografia OSM]



L'immagine della B.V. delle Grazie nel Duomo di Forlì
Riguardo a san Pellegrino Laziosi uno dei passaggi più interessanti della sua Legenda [1] è sicuramente costituito dall’episodio della sua vocazione. Leggiamo così al punto 2:

«[Pellegrino] un giorno si recò alla chiesa di S. Maria della Croce. Essendosi intrattenuto piuttosto a lungo, in atteggiamento devoto, innanzi all’immagine della Vergine Maria, la supplicò infine perché si degnasse di mostrargli la via della sua salvezza. A lui subito apparve palesemente la beata Vergine, ornata di vesti preziose e fini, e così parlò: “Anch’io desidero, figlio mio, indirizzare i tuoi passi sulla via della salvezza”.
Questa visione e queste parole egli tra sé considerando, temette, come ingenua colomba, di essere tratto in fallo dall’ingannatore e nemico del genere umano. Vedutolo così dubbioso e sbigottito, ancor più benignamente la Vergine Maria disse: “Non temere, figlio: io son proprio la madre di Colui che tu adori crocifisso e da lui sono mandata per indicarti la strada della beatitudine”. A queste parole così Pellegrino rispose: “Sono pronto a seguire i tuoi comandi; ho sempre ardentemente desiderato di eseguire fedelmente i tuoi ordini (Sal 118, 20. 40. 60. 127). Tu dunque comanderai, o Regina; io pronto e volonteroso ubbidirò”. Allora rispose la gloriosa Vergine: “Conosci tu quei religiosi che sono chiamati ‘Servi di Maria Vergine’?”. E Pellegrino: “Ricordo di aver sentito da molti parlare di essi, con grandi lodi per il loro Ordine e la loro santa vita; ma ignoro del tutto ove dimorino”. E questo lo disse perché ancora a Forlì non v’era un convento dei frati Servi di Maria Vergine.
Subito Maria Vergine così riprese: “Ti chiami Pellegrino; ebbene, sarai pellegrino di nome e di fatto. È infatti necessario che t’incammini verso Siena; ivi giunto, troverai quei santi uomini intenti alla preghiera: supplicali assai, perché ti ascrivano nella loro famiglia”».

Sul dialogo tra la Vergine Maria e san Pellegrino è importante considerare quanto è stato scritto da A. Serra in chiave di rilettura spirituale e mariologica. Rimandando più specificamente alle ricerche del Serra, ricordiamo qui soltanto come questo episodio della vita di san Pellegrino e il suo successivo viaggio a Siena vengono modellati sugli episodi evangelici dell’Annunciazione (Lc 1,26-38) e del viaggio di Maria fino alla casa di Elisabetta (Lc 1,39) [2].
In questa sede invece la nostra attenzione si vuole soffermare su un altro particolare di questo episodio della vita di Pellegrino, ossia il luogo dove esso avviene. Leggiamo infatti nella Legenda che Pellegrino si reca nella “chiesa di Santa Maria della Croce” e sosta di fronte ad un “immagine della Vergine Maria”.
La tradizione e la fede dei cittadini di Forlì, indicano questi due particolari come la cattedrale di Santa Croce e l’immagine della Beata Vergine delle Grazie. Riguardo alla Cattedrale di Santa Croce, duomo di Forlì, possiamo dire che quella che vediamo ora è il risultato dei grandi lavori che portarono all’abbattimento della precedente chiesa gotica per innalzare l’attuale chiesa in gusto neoclassico. Al suo interno, oltre alla cappella santuario della Madonna del Fuoco, patrona della Diocesi forlivese, si custodiscono altre due preziose immagini mariane: quella della Madonna della Ferita e quella della Beata Vergine delle Grazie. Queste due immagini sono poste in due altari minori rispetto alla Cappella del Santissimo Sacramento, posta sul braccio destro del transetto e di fronte alla Cappella della Madonna del Fuoco [3].
Soffermiamo ora la nostra attenzione sulla cappella della Beata Vergine della Grazie. Prima dell’attuale collocazione, l’immagine era affrescata sul muro della navata che dava verso Porta Schiavonia, vicino all’entrata laterale. Nel 1690, l’immagine venne trasferita presso l’attuale collocazione e il titolo dell’altare, precedentemente indicano come “SS. Concezione di Maria” mutò in “Madonna delle Grazie”, anche se la cappella è conosciuta anche con il titolo di cappella della Canonica.
L’immagine raffigura la Vergine con il Bambino sulle ginocchio. Il bambino in piedi tende la mano destra verso la mano di una figura visibile solo parzialmente, ma riconoscibile come santa Caterina d’Alessandria. Pertanto siamo in presenza di una scena che ricorda lo sposalizio mistico di santa Caterina. Nel corso dello spostamento l’affresco ha subito delle rotture e in più parti venne ridipinto. La precarietà delle sue condizioni portarono poi ad un intervento radicale di restauro eseguito nel 1956.
Un colpo d’occhio alla cappella mostra la sua specifica dedicazione all’evento della vocazione di san Pellegrino. Si può notare come l’immagine della vergine sia sovrastata da una targa in legno dorato con la scritta “Haec Beatae Virginis Imago olim allocuta est Beatum Peregrinum” ossia “Questa Immagine della Beata Vergine un giorno parlò al Beato Pellegrino”. Al di sotto della stessa, è presente un sottoquadro settecentesco dipinto ad olio in cui viene ritratto il Crocifisso in atto di guarire san Pellegrino, copia ridotta della tela del Cantarini presente nell’abside della cappella del Santo. Alzando lo sguardo sulla piccola cupola notiamo una serie di angeli in gloria. Di questi angeli, tre sorreggono un cartiglio con la scritta “Peregrinus, Virgine suadente, se totum Christo devovit” ossia “Pellegrino, consigliato dalla Vergine, si affidò tutto a Cristo”.
Riguardo all’immagine, desta qualche perplessità l’attribuzione. L’immagine venne inizialmente attribuita a Guglielmo degli Organi, discepolo di Giotto, attivo nel secolo XIV e morto probabilmente nel 1408. Attualmente la figura e l’esistenza stessa di un autore denominato Guglielmo degli Organi è oggetto di forte revisione [4]. Si nota in particolare come nell’ambito forlivese un certo numero di opere venissero spesso arbitrariamente attribuite a questo autore. Di conseguenza l’attribuzione stessa di questo affresco risulta alquanto labile, al punto da indicarlo più genericamente come “scuola forlivese di Guglielmo degli Organi” oppure come un Anonimo emiliano del XV sec. [5]. In tempi più recenti si indica autore il pittore bolognese Orazio di Jacopo (sec. XV) [6].
Le perplessità nascono dall’inconciliabilità di date se accettiamo che l’entrata di Pellegrino nei Servi di Maria sia avvenuta tra il 1290-1295. Di conseguenza si arriva ad indicare che "non potrebbe essere questa l’Immagine che avrebbe parlato al Santo!" [7]. Personalmente, non è possibile condividere un giudizio così netto. Quantomeno bisognerebbe tener presenti alcuni elementi:
  1. anzitutto come mai la tradizione indica proprio questa raffigurazione della Beata Vergine Maria, così particolare, come l’Immagine che parlò a san Pellegrino.
  2. un altro particolare è dato dal fatto che non sarebbe neanche impossibile che l’affresco fosse ridipinto sopra un immagine precedente, continuandone la tradizione.
  3. in ultima analisi, non è ben chiaro quale tradizione e quale culto veniva reso a questa particolare immagine della Beata Vergine Maria.
L’insieme degli elementi qui elencati non ci aiuta a dire con assoluta certezza se questa sia o meno l’Immagine davanti alla quale pregò san Pellegrino. Di fronte a questo il ricercatore si ferma nel contemplare questa particolare cappella, dove i vari elementi, la targa sopra l’immagine, la riproduzione del miracolo del Crocifisso e il cartiglio sulla cupola, sono scelti non a caso per indicare che la vocazione di Pellegrino comincia davanti ad un immagine della Vergine. Ecco allora che se i dati non sorreggono la ricerca, la fede e la preghiera dei Forlivesi indicano con chiarezza il luogo dove la Beata Vergine Maria indirizzò san Pellegrino sulla via della Salvezza. E in fin dei conti, questa è la cosa più importante da conoscere.

fra Emanuele M. Cattarossi
albatrosm2013@gmail.com



[1] La Legenda originaria di Pellegrino risulta attualmente irreperibile. In questo caso si fa riferimento ad una trascrizione umanistica ad opera di Niccolò Borghese (1432-1500) redatta all’incirca nel 1483, che compendia la Legenda originaria. Per il testo latino si veda Vita beati Peregrini Foroliviensis Ordinis Servorum sanctae Mariae a Nicolao Burgensio equestri clarissimo edita, [ed. P. Soulier], in Monumenta OSM IV, p. 58-62. Una traduzione italiana a cura di P. M. Branchesi, è presente in appendice a A. M. Serra, Santorale antico dei Servi della provincia di Romagna, Bologna 1967, p. 109-119; Idem, San Pellegrino Laziosi da Forlì dei Servi di Maria (1265c.-1345 c.). Storia, culto, attualità, Ed. del Santuario di S. Pellegrino, Forlì 1995, pp. 251-260; V. Benassi, San Pellegrino da Forlì. Una speranza per i malati inguaribili, Ed. del Santuario di S. Pellegrino, Forlì 1996, pp. 237-243. Più recentemente, la stessa traduzione del Branchesi è ripresa in Fonti Storico-Spirituali OSM I, Vicenza 1998, pp. 379-386.
[2] Si veda in proposito A. M. Serra, San Pellegrino Laziosi da Forlì dei Servi di Maria (1265c.-1345 c.)… cit., pp. 74-83; Idem, La «Legenda B. Peregrini»  nella trascrizione umanistica di Nicolò Borghese (1483) in E. Peretto (a cura di), Un amico del Crocifisso e dei Sofferenti: San Pellegrino Laziosi da Forlì (1265-1345 ca.). Atti del Convegno di studio nel 650° della morte (Roma, 9-11 ottobre 1996), (Scripta Pontificiae Facultatis Theologicae Marianum 54, Nova Series 26), Edizioni «Marianum», Roma 1998, pp. 91-96; Idem, Il santo forlivese: San Pellegrino in S. Spada – F. Zaghini (a cura di), La piazza e il chiostro. San Pellegrino Laziosi, Forlì e la Romagna nel tardo Medioevo. Atti delle Giornate di studio (Forlì, 3-4 maggio 1996), Forlì 1999, pp. 64-68.
[3] S. D’Altri, Duomo di S. Croce in Forlì, Studio Costa, Bologna 2000, pp. 22.24.
[4] Si veda in proposito M. Ragozzino, Guglielmo da Forlì, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 60, Roma 2003, pp. 806-808.
[5] Si rimanda alla scheda del Catalogo della Fondazione Federico Zeri dell’Università di Bologna presente al seguente [Link
[6] S. D’Altri, Duomo di S. Croce in Forlì…, cit., p. 24.
[7] Cfr. A. M. Serra, San Pellegrino Laziosi da Forlì dei Servi di Maria (1265c.-1345 c.)… cit., pp. 216.221 [nota 72]; Idem, Il santo forlivese: San Pellegrino… cit., pp. 90-91 [nota 72]; S. D’Altri, Duomo di S. Croce in Forlì…, cit., p. 24.

mercoledì 23 aprile 2014

La "S" sbarrata [Schede per l'iconografia dello Stemma OSM]



Siena, Tavoletta di Biccherna (1457).

Riguardo allo Stemma dell’Ordine dei Servi di Maria, un filone interessante di ricerca è costituito dall’utilizzo di una S sbarrata verticalmente. Questo particolare segno indica una forma di abbreviazione.
Infatti, pur non essendo riducibile ad un unico uso, esiste un particolare tipo di S sbarrata attestata al secolo XV che abbrevia la parola “Ser” a sua volta riconducibile tra i diversi significati alla parola “Servus” ossia “Servo[1].
Certamente può apparire molto difficile far risalire con certezza l’utilizzo della S sbarrata a queste abbreviazioni. Abbiamo però nel secolo XV alcune testimonianze dell’inizio di un utilizzo di questa particolare S come stemma dell’Ordine. Particolarmente significativa è una tavoletta della Biccherna del 1457, custodita nell’Archivio di Stato di Siena, attribuita a Sano di Pietro (1406-1481) [2]. In questa tavoletta, prezioso reperto iconografico per l’Ordine dei Servi di Maria, troviamo raffigurati i due beati senesi: il beato Gioacchino sulla sinistra di chi guarda con un ramo di rose, segno di carità, in una mano e un libro chiuso; il beato Francesco, raffigurato più anziano, porta lo stelo di un giglio e un libro pure chiuso. I due beati, entrambi raffigurati con l’aureola di santi, affiancano l’emblema di una colomba all’interno di una ghirlanda, con ai piedi un libro aperto. Questa particolare raffigurazione allude alla ratifica degli accordi di pace siglati l’anno prima, relativi all’impresa del conte Iacomo Piccinino, il quale aveva invaso il territorio della Repubblica Senese su incarico di Alfonso V d’Aragona (1396-1458).
Occorre notare che il camarlengo di Biccherna nel 1457 è fra Gabbriello Mattei dei Servi, il quale oltre a far raffigurare i due beati come portatori di pace, fa raffigurare tra le “armi” o stemmi degli Otto di Biccherna e dello scrittore di quell’anno, anche quello del suo Ordine. Lo stemma è il primo partendo da sinistra: uno scudo in cui si nota una S con virgulto di giglio in campo turchino. La S è attraversata da un segno verticale con un piccolo tratto orizzontale in cima mentre termina in due radiche.
Piastra con S sbarrata. Legatura del Corale C.
Altri utilizzi della S sbarrata li troviamo sparsi nel convento della SS. Annunziata di Firenze. Compaiono in tondi di alcuni soffitti e nel chiostro grande del Convento. Tuttavia una maniera molto ben definita di questa S sbarrata la troviamo sulle coperte della serie quattrocentesca dei corali, segnati dalle lettere A-B-C-D-F.
Questo gruppo di codici compongono un liber gradualis, ossia quei libri che contenevano le parti della Messa. Essi sono i più importanti dal lato artistico quanto da quello liturgico dal momento che essendo tutti composti nello stesso tempo, ossia tra il 1471 e il 1475, rispecchiano nella loro unità, lo sviluppo della miniatura fiorentina nel periodo più importante della sua storia [3].
Questi volumi, già lungamente studiati dal punto di vista artistico [4], presentano una particolarità nelle loro legature esterne. Si nota infatti in alcuni volumi la presenza di una piastra centrale recante una S sbarrata verticalmente da un semplice segno. Questa S sbarrata risulta quindi racchiusa da giri di conchiglie, motivi polilobati, nastri intrecciati e palmette. Di conseguenza queste piastre con la S sbarrata sono importanti perché indicano attraverso un emblema riconoscibile l’appartenenza dei codici ad un convento dei Servi di Maria.
Rispetto alla S sbarrata della Biccherna senese, quella presente sui corali fiorentini risulta più semplificata in quanto non presenta le radiche terminali. Tuttavia entrambi gli esempi servono a indicare un modo molto stilizzato di Stemma dell’Ordine dei Servi di Maria. Probabilmente, a partire da questi esempi si può indicare una base da cui lo stemma si evolve e, arricchendosi, si specifica nel tempo.



fra Emanuele M. Cattarossi
albatrosm2013@gmail.com
 
Schede per l'Iconografia dello Stemma OSM
Vedi anche: Note sui sigilli dei Priori Generali dell'Ordine dei Servi di Maria




[1] A. Cappelli (cura), Lexicon Abbreviaturarum. Dizionario di Abbreviature Latine ed Italiane… Hoepli, Milano (1929). 337 e 502
[2] Archivio di Stato di Siena, Biccherna, n. 31 (cm 45x29,80). Descritta in L. Borgia – E. Carli – M.A. Ceppari – U. Morandi – P. Sinibaldi – C. Zarrilli (a cura di), Le Biccherne. Tavole dipinte delle Magistrature senesi (secoli XIII-XVIII), Le Monnier, Firenze (1984), pp. 162-163 [Tav. n. 61]; A. Tomei (a cura di), Le Biccherne di Siena. Arte e Finanza all’alba dell’economia moderna, Retablo, Roma – Bolis Edizioni, Bergamo (2002), pp. 194-195
[3] Cfr. R.M. Taucci, I Corali miniati della SS. Annunziata di Firenze in Studi Storici OSM 1 (1933), pp. 148-158.
[4] Cfr. M.G. Ciardi Duprè Dal Poggetto, I libri di coro in E. Casalini – M.G. Ciardi Duprè Dal Poggetto, L. Crociani, D.L. Bemporad (a cura di), Tesori d’Arte dell’Annunziata di Firenze, Alinari, Firenze 1987, pp. 183-296 [schede nn. 30-34]