sabato 1 febbraio 2020

Le "Corone" del beato Gioacchino da Siena [Schede per l'iconografia del Santorale OSM]

Apparizione della vergine e del bambino
al beato Gioacchino da Siena.
Dettaglio di una porta in legno nella tribuna
della Basilica della SS. Annunziata di Firenze
(secolo XVII)

All'interno dell'Ordine dei Servi di Maria il beato Gioacchino da Siena (1258ca – 1305) possiede una lunga e sviluppata linea iconografica sia dal punto di vista episodico sia da quello individuale [1].
La raffigurazione episodica trae le sue mosse dalla lastra funeraria attualmente conservata presso la Pinacoteca Nazionale di Siena ma in precedenza parte del sepolcro dello stesso beato. Le tre scene raffigurate, oltre a costituire una tra le più antiche raffigurazioni di frati dell’Ordine dei Servi, hanno costituito la base d’ispirazione per ulteriori opere.
La raffigurazione individuale seguì linee interpretative diverse. Talvolta il beato viene raffigurato con un ramo di rose e accoppiato con il beato Francesco. In altri contesti emerge l’uso di una fiamma sul capo. In altri ancora il beato viene raffigurato prostrato di fronte all’apparizione della Madre di Dio e del Figlio. Quest’ultima raffigurazione conoscerà un’evoluzione attraverso un piccolo dettaglio immesso nel tempo: vengono porte al due corone.
Cosa rappresentino queste due corone e quali sono le circostanze da cui derivano si possono trarre facilmente da una lettura della trecentesca Legenda beati Joachimi [2]. La prima corona si ritrova al punto 6 di cui riportiamo il passo:

6. Dal beato Filippo fu poi inviato di famiglia nel convento di Arezzo. Era lì già da un anno, quando gli capitò di trovarsi in cammino per il territorio di Arezzo insieme a fra Acquisto d’Arezzo, uomo di grande fama. Era sopravvenuta ormai la notte e la pioggia cadeva abbondante. Trovarono allora riparo in un ospizio, dove un infermo giaceva oppresso da una grave e lunga malattia. Il beato Gioacchino lo sentì lamentarsi per il dolore e gli disse: «Abbi pazienza, fratello, perché questa tua malattia sarà per te causa di salvezza». E questi: «O buon frate, è facile esaltare la malattia, ma come è diverso averla!». E Gioacchino gli rispose: «Allora io prego Dio onnipotente perché ti liberi da questa malattia e ad essa sottoponga me, suo servo: non possa io liberarmene se non con la morte, e così portare sempre nel mio corpo la pazienza di Cristo». L’infermo fece un balzo dal letto: era perfettamente guarito. Gioacchino invece venne subito colpito, sul posto, da epilessia, da cui fu afflitto oltre misura per tutto il tempo della sua vita. Fu per lui come una corona di martirio.

La seconda corona invece si compare al paragrafo 17:

17. Piacque poi all’Altissimo onorarlo di un’altra corona. Lo colpì infatti un’altra malattia: in alcune punti del corpo la carne marciva fino alle ossa e ne uscivano vermi di continuo. Per quanto gli fu possibile, tentò di nasconderla. Grande fu il dolore dei frati quando se ne accorsero. Essi lo supplicavano di pregare per sé, perché quei mali lo lasciassero. Ed egli rispose: «Fratelli carissimi, ciò non mi conviene, perché questa infermità purifica i miei peccati e fortifica l’anima, secondo la parola dell’Apostolo: Quando sono debole, è allora che sono più forte».

Notiamo dunque che le due corone sono intese come un martirio sopportato dal beato nel proprio corpo. Più specificamente si riferiscono una all’epilessia, presa su di sé dal beato per guarire un malato che non era stato in grado di consolare con le sue parole, l’altra ad una forma di lebbra, assunta dal beato come forma di purificazione dal peccato e fortificazione dell’animo.
Occorre notare che questi due episodi, pur così centrali nella vita del beato e fonte di riflessione sulla sua spiritualità, risultano al contempo difficili da rendere visivamente questi episodi. Per questo l’espediente grafico delle due corone aiuta in una qualche misura a ricordare gli episodi.
Non mancano tuttavia tentativi di rendere graficamente questi miracoli. Negli Officia Propria dell’Ordine dei Servi di Maria del 1609 e del 1629 compare in occasione della memoria del beato una medesima incisione così composta: al centro una raffigurazione del beato, incorniciata da dieci quadretti raffiguranti una serie di episodi circa la vita e i miracoli. Detti quadretti sono numerati progressivamente, partendo da quello in alto al centro seguendo un movimento antiorario. Le scene raffigurate fanno riferimento alle letture proprie della vita del beato che si trovano all’interno degli Officia Propria.
Incisione degli Officia Propria del 1609
dedicata al beato Gioacchino
Iniziamo considerando la raffigurazione del beato Gioacchino. Al centro, notiamo il beato in ginocchio, la mano destra sul petto mentre la sinistra è rivolta verso il basso. Lo sguardo del beato, sopra il cui capo arde una fiamma, è sollevato verso l'alto dove, spostata verso destra, compare tra le nubi la Vergine con il Bambino. Le scene raffigurate nei quadretti di cornice sono: 1. da fanciullo Gioacchino distribuisce i propri beni ai poveri; 2. la chiamata della Vergine durante il sonno; 3. la guarigione dell'epilettico prendendo su di sè la malattia; 4. il prodigio del cero sospeso a mezz'aria; 5. il beato, rimasto chiuso fuori convento d'inverno, passa tutta la notte in preghiera; 6. il prodigio della mensa ribaltata senza che niente vada perduto; 7. l'apparizione della fiamma sul capo durante la preghiera; 8. la malattia alla gamba; 9. la morte il venerdì santo; 10. il giovane annegato risuscitato per l'intercessione del beato; 11. l'uomo ingiustamente incarcerato, liberato dietro invocazione del beato. Le ultime due scene compaiono nello stesso quadretto. Sotto, l'incisione la scritta Beati Ioachimi Pellacani Senensis Ord. Servor. B. M. Virg. Miracula et Actiones quae in eius Lectionibus continentur e in parte la firma dell'incisore, M.G.[3].

Poniamo ora una maggiore attenzione ai riquadri 3 e 8. Cominciamo con il riquadro 3 che stilizza l’episodio del punto 6 della Legenda beati Joachimi.
Il beato al centro, con aureola in capo, è in atto di rivolgersi ad un uomo, in atto di contorcersi a terra, posto sulla sinistra del riquadro. Il braccio sinistro del beato appare steso verso il malato mentre il destro va ad indicare il cielo.
Occorre notare che in questo caso senza un ricorso alle letture agiografiche si può ragionevolmente pensare che il beato preghi affinchè il malato venga guarito, ma non che assuma su sé stesso la malattia.
Il riquadro 8 riprende invece l’episodio narrato al punto 17 della Legenda beati Joachimi. Il beato in questo caso è raffigurato steso sul letto, le mani giunte in preghiere. Le gambe appaiono scoperte e si notano delle macchie nere, come ad indicare la malattia citata. In alto a destra del riquadro viene raffigurato una sorta di fascio di luce.
Nuovamente si ripresenta la difficoltà grafica di rendere l’episodio in quanto si sarebbe portati a pensare all’intervento divino per una guarigione dalla malattia alle gambe. Di qui la necessità di riferirsi alla lettura agiografica per una corretta comprensione dell'incisione.


Incisione tratta dal Marianischer Lust-und
Blumen Garten
(1697) dedicata
al beato Gioacchino da Siena
Passiamo ora ad un Gioacchino “austriaco”. Questa immagine appartiene ad una serie d’incisioni austriache relative al santorale dei Servi, eseguite da J.Jacob Hermundt e comparse in un’opera di Fr. Raffaele Maria Weinhardt (1661-1715) dal nome Marianischer Lust-und Blumen Garten (1697)[4]. L’incisione riguardante il beato Gioacchino è numerata come 11. Nella scritta posta sotto l’incisione leggiamo: Beatus Pater Ioachimus Senensis e famiglia Piccolominea, Ordinis Servorum beatae Mariae Virginis. Dum morbo epileptico laborantem frusta ad patientiam hortatur, eundem morbum in se transferri a Deo petijt: quod et impetravit. Duplicem coronam a beatissima Virgine adeptus, 16 aprilis 1305.
Analizziamo adesso da vicino l’incisione. Il beato Gioacchino è raffigurato nell’atto di guardare in alto. Sul volto un’espressione di sorpresa, stupore e gioia per ciò che sta osservando. Sopra il capo è presente una fiammella. In alto a destra appare Maria Vergine, radiosamente vestita e circondata d’angeli. Notiamo davanti alla Vergine un angelo che reca tra le mani due corone e le porge a Gioacchino.
In basso a destra dell’incisione si nota un altro episodio. Due frati fermi davanti ad un uomo a terra. Il frate sulla sinistra è mostrato nel gesto di muovere un braccio nei confronti dell’uomo a terra. Nuovamente si potrebbe indicare la possibilità di equivocare l’episodio ad una semplice guarigione se non si ricorresse alla lettura della scritta sottostante.


Incisione sul Beato Gioacchino presente
all'Archivio Generale dei Servi di Maria
Le due corone rappresentano quindi un utile espediente grafico per introdurre le due malattie sopportate dal beato, costituendone dunque un segno distintivo. Un deciso miglioramento di rappresentazione grafica è dato da quest’ultima incisione, forse da collocare al secolo XVIII [5]. Il beato viene raffigurato in abito dei Servi, in ginocchio davanti ad un malato che pare contorcersi ai suoi piedi. La scritta in basso recita: Beato Gioacchino Piccolomini dei Servi di Maria Protettore sopra il Malcaduco. La scena diventa più leggibile secondo il dettato della Legenda beati Joachimi se osserviamo la raffigurazione delle mani e lo sguardo che il beato ha verso un crocifisso posto sulla sinistra dell’incisione. La mano sinistra del beato è in atto di presentare il malato oppresso dall’epilessia mentre la destra indica il beato stesso, come a voler significare la volontà di assumere su sé stesso la malattia. Emerge pertanto, anche in relazione al particolare titolo di protettore del beato, una migliore comprensione dell’episodio. 

fra Emanuele M. Cattarossi
albatrosm2013@gmail.com




[1] In merito si veda E. Casalini, Culto e Iconografia Servitana - IV. I BB. Giovacchino e FrancescoLe tele di «memoria ex-voto» in E. Casalini – L. Crociani – C. Fabbri – P. Ircani-Menichini – G. Vailati Schoemburg-Waldenburg, Da “una casupola” nella Firenze del sec. XIII. Celebrazioni giubilari dell’Ordine dei Servi di Maria. Cronaca, Liturgia, Arte (Biblioteca della Provincia Toscana dell’Ordine dei Servi di Maria, 4), Firenze, SS. Annunziata (1990), pp. 134-140.
[2] La Vita ac Legenda Ioachimi Senensis Ordinis fratrum servorum Mariae Virginis è di autore ignoto. Per la sua redazione vengono offerti due riferimenti cronologici al 1325 o al periodo 1330-1335. Edizioni del testo originale sono apparse in: P. M. Soulier in Analecta Bollandiana XII (1894), pp. 383-397, riprendendolo da una copia redatta da Callisto Palombella nel sec. XVIII; P. M. Soulier in Monumenta OSM V, pp. 7-18, sul manoscritto del Vaticano.
Per una traduzione in lingua italiana: F. M. Fioretto e E. M. Bedont per Studi Storici OSM 8 (1957-58), pp. 164-170 poi ripresa in Due beati senesi: legende trecentesche dei beati Gioacchino e Francesco (Panis Servorum 7), Vicenza 1965, pp. 9-20; Piergiorgio M. Di Domenico per Fonti storico-spirituali OSM I, pp. 312-332.
[3] Notiamo che la famiglia d’appartenenza del beato è indicata come Pellacani, famiglia senese che pare estinta attorno al 1543. Circa questo aspetto occorre notare che il primo a citare l’appartenenza del beato a questa famiglia è fra Paolo Attavanti nel suo Dialogus de Origine ordinis… (1465 ca.), notizia ripresa poi per tutto il Cinquecento. Tuttavia già negli anni dell’edizione degli Officia Propria, circolava la notizia che il beato appartenesse alla famiglia Piccolomini, tanto che nelle stampe di fine seicento viene indicato come tale. In seguito alla revisione del Proprio dell’Ufficio dell’Ordine dei Servi attorno agli anni ‘60, il beato viene indicato solo come “da Siena”.
[4] Si veda in proposito P. M. Branchesi - D. M. Montagna.Immagini del Santorale dei Servi tra sei e settecento. La grafica austriaca, Studi Storici OSM 34 (1984), pp. 207-338. L’incisione del beato Gioacchino è a p. 235.
[5] Questa incisione è presente presso l’Archivio Generale dell’Ordine dei Servi di Maria, segnata come AR-14-6.