Apparizione della vergine e del bambino al beato Gioacchino da Siena. Dettaglio di una porta in legno nella tribuna della Basilica della SS. Annunziata di Firenze (secolo XVII) |
All'interno dell'Ordine dei Servi di Maria il beato Gioacchino da Siena (1258ca – 1305) possiede una lunga e sviluppata linea iconografica sia dal punto di vista episodico sia da quello individuale [1].
La raffigurazione episodica trae le sue mosse dalla lastra funeraria attualmente conservata presso la Pinacoteca Nazionale di Siena ma in precedenza parte del sepolcro dello stesso beato. Le tre scene raffigurate, oltre a costituire una tra le più antiche raffigurazioni di frati dell’Ordine dei Servi, hanno costituito la base d’ispirazione per ulteriori opere.
La raffigurazione episodica trae le sue mosse dalla lastra funeraria attualmente conservata presso la Pinacoteca Nazionale di Siena ma in precedenza parte del sepolcro dello stesso beato. Le tre scene raffigurate, oltre a costituire una tra le più antiche raffigurazioni di frati dell’Ordine dei Servi, hanno costituito la base d’ispirazione per ulteriori opere.
La raffigurazione individuale
seguì linee interpretative diverse. Talvolta il beato viene raffigurato con un
ramo di rose e accoppiato con il beato Francesco. In altri contesti emerge l’uso
di una fiamma sul capo. In altri ancora il beato viene raffigurato prostrato di
fronte all’apparizione della Madre di Dio e del Figlio. Quest’ultima
raffigurazione conoscerà un’evoluzione attraverso un piccolo dettaglio immesso
nel tempo: vengono porte al due corone.
Cosa rappresentino queste due
corone e quali sono le circostanze da cui derivano si possono trarre facilmente
da una lettura della trecentesca Legenda beati Joachimi [2]. La prima corona si ritrova al punto 6 di cui riportiamo il passo:
6. Dal beato Filippo fu poi
inviato di famiglia nel convento di Arezzo. Era lì già da un anno, quando gli
capitò di trovarsi in cammino per il territorio di Arezzo insieme a fra
Acquisto d’Arezzo, uomo di grande fama. Era sopravvenuta ormai la notte e la
pioggia cadeva abbondante. Trovarono allora riparo in un ospizio, dove un
infermo giaceva oppresso da una grave e lunga malattia. Il beato Gioacchino lo
sentì lamentarsi per il dolore e gli disse: «Abbi pazienza, fratello, perché
questa tua malattia sarà per te causa di salvezza». E questi: «O buon frate, è
facile esaltare la malattia, ma come è diverso averla!». E Gioacchino gli
rispose: «Allora io prego Dio onnipotente perché ti liberi da questa malattia e
ad essa sottoponga me, suo servo: non possa io liberarmene se non con la morte,
e così portare sempre nel mio corpo la pazienza di Cristo». L’infermo fece un
balzo dal letto: era perfettamente guarito. Gioacchino invece venne subito
colpito, sul posto, da epilessia, da cui fu afflitto oltre misura per tutto il
tempo della sua vita. Fu per lui come una corona di martirio.
La seconda corona invece si compare al paragrafo 17:
17. Piacque poi all’Altissimo onorarlo di un’altra
corona. Lo colpì infatti un’altra malattia: in alcune punti del corpo la
carne marciva fino alle ossa e ne uscivano vermi di continuo. Per quanto gli fu
possibile, tentò di nasconderla. Grande fu il dolore dei frati quando se ne
accorsero. Essi lo supplicavano di pregare per sé, perché quei mali lo
lasciassero. Ed egli rispose: «Fratelli carissimi, ciò non mi conviene, perché
questa infermità purifica i miei peccati e fortifica l’anima, secondo la parola
dell’Apostolo: Quando sono debole, è allora che sono più forte».
Notiamo dunque che le due corone sono intese come un
martirio sopportato dal beato nel proprio corpo. Più specificamente si
riferiscono una all’epilessia, presa su di sé dal beato per guarire un malato
che non era stato in grado di consolare con le sue parole, l’altra ad una forma
di lebbra, assunta dal beato come forma di purificazione dal peccato e
fortificazione dell’animo.
Occorre notare che questi due episodi, pur così centrali
nella vita del beato e fonte di riflessione sulla sua spiritualità, risultano
al contempo difficili da rendere visivamente questi episodi. Per questo l’espediente
grafico delle due corone aiuta in una qualche misura a ricordare gli episodi.
Non mancano tuttavia tentativi di rendere graficamente
questi miracoli. Negli Officia Propria dell’Ordine dei Servi di
Maria del 1609 e del 1629 compare in occasione della memoria del beato una
medesima incisione così composta: al centro una raffigurazione del beato,
incorniciata da dieci quadretti raffiguranti una serie di episodi circa la vita
e i miracoli. Detti quadretti sono numerati progressivamente, partendo da
quello in alto al centro seguendo un movimento antiorario. Le scene raffigurate
fanno riferimento alle letture proprie della vita del beato che si trovano
all’interno degli Officia Propria.
Incisione degli Officia Propria del 1609 dedicata al beato Gioacchino |
Poniamo ora una maggiore attenzione ai riquadri 3 e 8. Cominciamo con il riquadro 3 che stilizza l’episodio del punto 6 della Legenda beati Joachimi.
Il beato al centro, con aureola
in capo, è in atto di rivolgersi ad un uomo, in atto di contorcersi a terra, posto sulla
sinistra del riquadro. Il braccio sinistro del beato appare steso verso il
malato mentre il destro va ad indicare il cielo.
Occorre notare che in questo caso
senza un ricorso alle letture agiografiche si può ragionevolmente pensare che
il beato preghi affinchè il malato venga guarito, ma non che assuma su sé
stesso la malattia.
Il riquadro 8 riprende invece l’episodio
narrato al punto 17 della Legenda beati Joachimi. Il beato in questo
caso è raffigurato steso sul letto, le mani giunte in preghiere. Le gambe
appaiono scoperte e si notano delle macchie nere, come ad indicare la malattia
citata. In alto a destra del riquadro viene raffigurato una sorta di fascio di
luce.
Nuovamente si ripresenta la
difficoltà grafica di rendere l’episodio in quanto si sarebbe portati a pensare
all’intervento divino per una guarigione dalla malattia alle gambe. Di qui la
necessità di riferirsi alla lettura agiografica per una corretta comprensione dell'incisione.
Passiamo ora ad
un Gioacchino “austriaco”. Questa
immagine appartiene ad una serie d’incisioni austriache relative al santorale
dei Servi, eseguite da J.Jacob Hermundt e comparse in un’opera di Fr. Raffaele
Maria Weinhardt (1661-1715) dal nome Marianischer
Lust-und Blumen Garten (1697)[4].
L’incisione riguardante il beato Gioacchino è numerata come 11. Nella scritta
posta sotto l’incisione leggiamo: Beatus
Pater Ioachimus Senensis e famiglia Piccolominea, Ordinis Servorum beatae
Mariae Virginis. Dum morbo epileptico laborantem frusta ad patientiam hortatur,
eundem morbum in se transferri a Deo petijt: quod et impetravit. Duplicem
coronam a beatissima Virgine adeptus, 16 aprilis 1305.
Analizziamo adesso da vicino l’incisione. Il beato Gioacchino è raffigurato nell’atto di guardare in alto. Sul volto un’espressione di sorpresa, stupore e gioia per ciò che sta osservando. Sopra il capo è presente una fiammella. In alto a destra appare Maria Vergine, radiosamente vestita e circondata d’angeli. Notiamo davanti alla Vergine un angelo che reca tra le mani due corone e le porge a Gioacchino.
In basso a destra dell’incisione si nota un altro episodio. Due frati fermi davanti ad un uomo a terra. Il frate sulla sinistra è mostrato nel gesto di muovere un braccio nei confronti dell’uomo a terra. Nuovamente si potrebbe indicare la possibilità di equivocare l’episodio ad una semplice guarigione se non si ricorresse alla lettura della scritta sottostante.
Le due corone rappresentano quindi un
utile espediente grafico per introdurre le due malattie sopportate dal beato,
costituendone dunque un segno distintivo. Un deciso miglioramento di rappresentazione
grafica è dato da quest’ultima incisione, forse da collocare al secolo XVIII [5]. Il
beato viene raffigurato in abito dei Servi, in ginocchio davanti ad un malato che
pare contorcersi ai suoi piedi. La scritta in basso recita: Beato Gioacchino Piccolomini
dei Servi di Maria Protettore sopra il Malcaduco. La scena diventa più
leggibile secondo il dettato della Legenda beati Joachimi se osserviamo
la raffigurazione delle mani e lo sguardo che il beato ha verso un crocifisso
posto sulla sinistra dell’incisione. La mano sinistra del beato è in atto di
presentare il malato oppresso dall’epilessia mentre la destra indica il beato
stesso, come a voler significare la volontà di assumere su sé stesso la malattia.
Emerge pertanto, anche in relazione al particolare titolo di protettore del
beato, una migliore comprensione dell’episodio.
Incisione tratta dal Marianischer Lust-und Blumen Garten (1697) dedicata al beato Gioacchino da Siena |
Analizziamo adesso da vicino l’incisione. Il beato Gioacchino è raffigurato nell’atto di guardare in alto. Sul volto un’espressione di sorpresa, stupore e gioia per ciò che sta osservando. Sopra il capo è presente una fiammella. In alto a destra appare Maria Vergine, radiosamente vestita e circondata d’angeli. Notiamo davanti alla Vergine un angelo che reca tra le mani due corone e le porge a Gioacchino.
In basso a destra dell’incisione si nota un altro episodio. Due frati fermi davanti ad un uomo a terra. Il frate sulla sinistra è mostrato nel gesto di muovere un braccio nei confronti dell’uomo a terra. Nuovamente si potrebbe indicare la possibilità di equivocare l’episodio ad una semplice guarigione se non si ricorresse alla lettura della scritta sottostante.
Incisione sul Beato Gioacchino presente all'Archivio Generale dei Servi di Maria |
fra
Emanuele M. Cattarossi
albatrosm2013@gmail.com
[1] In merito si veda E. Casalini, Culto e Iconografia Servitana - IV.
I BB. Giovacchino e FrancescoLe tele di «memoria ex-voto» in E. Casalini
– L. Crociani – C. Fabbri – P. Ircani-Menichini – G. Vailati
Schoemburg-Waldenburg, Da “una casupola” nella Firenze del sec. XIII.
Celebrazioni giubilari dell’Ordine dei Servi di Maria. Cronaca, Liturgia, Arte (Biblioteca
della Provincia Toscana dell’Ordine dei Servi di Maria, 4), Firenze, SS.
Annunziata (1990), pp. 134-140.
[2] La Vita
ac Legenda Ioachimi Senensis Ordinis fratrum servorum Mariae Virginis è di autore ignoto. Per la sua redazione
vengono offerti due riferimenti cronologici al 1325 o al periodo 1330-1335.
Edizioni del testo originale sono apparse in: P.
M. Soulier in Analecta Bollandiana
XII (1894), pp. 383-397, riprendendolo da una copia redatta da Callisto Palombella
nel sec. XVIII; P. M. Soulier in Monumenta OSM V, pp. 7-18, sul
manoscritto del Vaticano.
Per una traduzione in
lingua italiana: F. M. Fioretto e E. M. Bedont per Studi Storici OSM 8 (1957-58), pp. 164-170 poi ripresa in Due beati senesi: legende trecentesche dei
beati Gioacchino e Francesco (Panis Servorum 7), Vicenza 1965, pp. 9-20; Piergiorgio
M. Di Domenico per Fonti
storico-spirituali OSM I, pp. 312-332.
[3] Notiamo che la famiglia d’appartenenza del beato è
indicata come Pellacani, famiglia senese che pare estinta attorno al 1543.
Circa questo aspetto occorre notare che il primo a citare l’appartenenza del
beato a questa famiglia è fra Paolo Attavanti nel suo Dialogus de Origine ordinis… (1465 ca.), notizia ripresa poi per
tutto il Cinquecento. Tuttavia già negli anni dell’edizione degli Officia Propria, circolava la notizia
che il beato appartenesse alla famiglia Piccolomini, tanto che nelle stampe di
fine seicento viene indicato come tale. In seguito alla revisione del Proprio
dell’Ufficio dell’Ordine dei Servi attorno agli anni ‘60, il beato viene
indicato solo come “da Siena”.
[4] Si veda in proposito P.
M. Branchesi - D. M. Montagna. – Immagini
del Santorale dei Servi tra sei e settecento. La grafica austriaca, Studi Storici OSM 34 (1984), pp. 207-338.
L’incisione del beato Gioacchino è a p. 235.
[5] Questa
incisione è presente presso l’Archivio Generale dell’Ordine dei Servi di Maria,
segnata come AR-14-6.
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