L'immagine della B.V. delle Grazie nel Duomo di Forlì |
Riguardo a san Pellegrino
Laziosi uno dei passaggi più interessanti della sua Legenda [1]
è sicuramente costituito dall’episodio della sua vocazione. Leggiamo così
al punto 2:
«[Pellegrino] un giorno si recò alla chiesa di S. Maria della Croce.
Essendosi intrattenuto piuttosto a lungo, in atteggiamento devoto, innanzi
all’immagine della Vergine Maria, la supplicò infine perché si degnasse di
mostrargli la via della sua salvezza. A lui subito apparve palesemente la beata
Vergine, ornata di vesti preziose e fini, e così parlò: “Anch’io desidero,
figlio mio, indirizzare i tuoi passi sulla via della salvezza”.
Questa visione e queste parole egli tra sé considerando, temette, come
ingenua colomba, di essere tratto in fallo dall’ingannatore e nemico del genere
umano. Vedutolo così dubbioso e sbigottito, ancor più benignamente la Vergine Maria disse:
“Non temere, figlio: io son proprio la madre di Colui che tu adori crocifisso e
da lui sono mandata per indicarti la strada della beatitudine”. A queste parole
così Pellegrino rispose: “Sono pronto a seguire i tuoi comandi; ho sempre
ardentemente desiderato di eseguire fedelmente i tuoi ordini (Sal 118, 20. 40. 60. 127). Tu dunque
comanderai, o Regina; io pronto e volonteroso ubbidirò”. Allora rispose la
gloriosa Vergine: “Conosci tu quei religiosi che sono chiamati ‘Servi di Maria
Vergine’?”. E Pellegrino: “Ricordo di aver sentito da molti parlare di essi,
con grandi lodi per il loro Ordine e la loro santa vita; ma ignoro del tutto
ove dimorino”. E questo lo disse perché ancora a Forlì non v’era un convento
dei frati Servi di Maria Vergine.
Subito Maria Vergine così riprese: “Ti chiami Pellegrino; ebbene, sarai
pellegrino di nome e di fatto. È infatti necessario che t’incammini verso Siena;
ivi giunto, troverai quei santi uomini intenti alla preghiera: supplicali assai,
perché ti ascrivano nella loro famiglia”».
Sul dialogo tra la Vergine Maria e san Pellegrino
è importante considerare quanto è stato scritto da A. Serra in chiave di rilettura
spirituale e mariologica. Rimandando più specificamente alle ricerche del
Serra, ricordiamo qui soltanto come questo episodio della vita di san
Pellegrino e il suo successivo viaggio a Siena vengono modellati sugli episodi
evangelici dell’Annunciazione (Lc 1,26-38) e del viaggio di Maria fino alla
casa di Elisabetta (Lc 1,39) [2].
In questa sede invece la nostra attenzione si vuole
soffermare su un altro particolare di questo episodio della vita di Pellegrino,
ossia il luogo dove esso avviene. Leggiamo infatti nella Legenda che Pellegrino si reca nella “chiesa di Santa Maria della Croce” e sosta di fronte ad un “immagine della Vergine Maria”.
La tradizione e la fede dei cittadini di Forlì,
indicano questi due particolari come la cattedrale di Santa Croce e l’immagine
della Beata Vergine delle Grazie. Riguardo alla Cattedrale di Santa Croce,
duomo di Forlì, possiamo dire che quella che vediamo ora è il risultato dei
grandi lavori che portarono all’abbattimento della precedente chiesa gotica per
innalzare l’attuale chiesa in gusto neoclassico. Al suo interno, oltre alla
cappella santuario della Madonna del Fuoco, patrona della Diocesi forlivese, si
custodiscono altre due preziose immagini mariane: quella della Madonna della
Ferita e quella della Beata Vergine delle Grazie. Queste due immagini sono
poste in due altari minori rispetto alla Cappella del Santissimo Sacramento, posta
sul braccio destro del transetto e di fronte alla Cappella della Madonna del
Fuoco [3].
Soffermiamo ora la
nostra attenzione sulla cappella della Beata Vergine della Grazie. Prima
dell’attuale collocazione, l’immagine era affrescata sul muro della navata che
dava verso Porta Schiavonia, vicino all’entrata laterale. Nel 1690, l’immagine
venne trasferita presso l’attuale collocazione e il titolo dell’altare,
precedentemente indicano come “SS. Concezione di Maria” mutò in “Madonna delle
Grazie”, anche se la cappella è conosciuta anche con il titolo di cappella
della Canonica.
L’immagine raffigura la Vergine con il Bambino
sulle ginocchio. Il bambino in piedi tende la mano destra verso la mano di una
figura visibile solo parzialmente, ma riconoscibile come santa Caterina
d’Alessandria. Pertanto siamo in presenza di una scena che ricorda lo
sposalizio mistico di santa Caterina. Nel corso dello spostamento l’affresco ha
subito delle rotture e in più parti venne ridipinto. La precarietà delle sue
condizioni portarono poi ad un intervento radicale di restauro eseguito nel
1956.
Un colpo d’occhio alla cappella mostra la sua
specifica dedicazione all’evento della vocazione di san Pellegrino. Si può
notare come l’immagine della vergine sia sovrastata da una targa in legno dorato
con la scritta “Haec Beatae Virginis
Imago olim allocuta est Beatum Peregrinum” ossia “Questa Immagine della Beata Vergine un giorno parlò al Beato Pellegrino”.
Al di sotto della stessa, è presente un sottoquadro settecentesco dipinto ad
olio in cui viene ritratto il Crocifisso in atto di guarire san Pellegrino,
copia ridotta della tela del Cantarini presente nell’abside della cappella del
Santo. Alzando lo sguardo sulla piccola cupola notiamo una serie di angeli in
gloria. Di questi angeli, tre sorreggono un cartiglio con la scritta “Peregrinus, Virgine suadente, se totum Christo
devovit” ossia “Pellegrino,
consigliato dalla Vergine, si affidò tutto a Cristo”.
Riguardo all’immagine, desta qualche perplessità
l’attribuzione. L’immagine venne inizialmente attribuita a Guglielmo degli
Organi, discepolo di Giotto, attivo nel secolo XIV e morto probabilmente nel
1408. Attualmente la figura e l’esistenza stessa di un autore denominato
Guglielmo degli Organi è oggetto di forte revisione [4]. Si
nota in particolare come nell’ambito forlivese un certo numero di opere
venissero spesso arbitrariamente attribuite a questo autore. Di conseguenza
l’attribuzione stessa di questo affresco risulta alquanto labile, al punto da
indicarlo più genericamente come “scuola forlivese di Guglielmo degli Organi”
oppure come un Anonimo emiliano del XV sec. [5]. In
tempi più recenti si indica autore il pittore bolognese Orazio di Jacopo (sec.
XV) [6].
Le perplessità nascono dall’inconciliabilità di date se
accettiamo che l’entrata di Pellegrino nei Servi di Maria sia avvenuta tra il
1290-1295. Di conseguenza si arriva ad indicare che "non potrebbe essere questa
l’Immagine che avrebbe parlato al Santo!" [7]. Personalmente,
non è possibile condividere un giudizio così netto. Quantomeno bisognerebbe
tener presenti alcuni elementi:
- anzitutto come mai la tradizione indica proprio questa raffigurazione della Beata Vergine Maria, così particolare, come l’Immagine che parlò a san Pellegrino.
- un altro particolare è dato dal fatto che non sarebbe neanche impossibile che l’affresco fosse ridipinto sopra un immagine precedente, continuandone la tradizione.
- in ultima analisi, non è ben chiaro quale tradizione e quale culto veniva reso a questa particolare immagine della Beata Vergine Maria.
L’insieme degli elementi qui elencati non ci aiuta a
dire con assoluta certezza se questa sia o meno l’Immagine davanti alla quale
pregò san Pellegrino. Di fronte a questo il ricercatore si ferma nel
contemplare questa particolare cappella, dove i vari elementi, la targa sopra
l’immagine, la riproduzione del miracolo del Crocifisso e il cartiglio sulla
cupola, sono scelti non a caso per indicare che la vocazione di Pellegrino
comincia davanti ad un immagine della Vergine. Ecco allora che se i dati non
sorreggono la ricerca, la fede e la preghiera dei Forlivesi indicano con
chiarezza il luogo dove la
Beata Vergine Maria indirizzò san Pellegrino sulla via della
Salvezza. E in fin dei conti, questa è la cosa più importante da conoscere.
fra
Emanuele M. Cattarossi
albatrosm2013@gmail.com
[1] La Legenda originaria di Pellegrino risulta attualmente
irreperibile. In questo caso si fa riferimento ad una trascrizione umanistica
ad opera di Niccolò Borghese (1432-1500) redatta all’incirca nel 1483, che
compendia la Legenda originaria. Per il testo latino si veda
Vita beati Peregrini Foroliviensis Ordinis Servorum sanctae Mariae a Nicolao
Burgensio equestri clarissimo edita, [ed. P.
Soulier], in Monumenta OSM IV, p. 58-62. Una traduzione italiana
a cura di P. M. Branchesi, è
presente in appendice a A. M. Serra,
Santorale antico dei Servi della provincia di Romagna, Bologna 1967, p.
109-119; Idem, San Pellegrino Laziosi da Forlì dei Servi di
Maria (1265c.-1345 c.). Storia,
culto, attualità, Ed. del Santuario di S. Pellegrino, Forlì 1995, pp.
251-260; V. Benassi, San Pellegrino da Forlì. Una speranza per i
malati inguaribili, Ed. del Santuario di S. Pellegrino, Forlì 1996, pp.
237-243. Più recentemente, la stessa traduzione del Branchesi è ripresa in Fonti Storico-Spirituali OSM I, Vicenza
1998, pp. 379-386.
[2] Si
veda in proposito A. M. Serra, San Pellegrino Laziosi da Forlì dei Servi di
Maria (1265c.-1345 c.)… cit., pp.
74-83; Idem, La «Legenda B. Peregrini» nella
trascrizione umanistica di Nicolò Borghese (1483) in E. Peretto (a cura di), Un amico del Crocifisso e dei Sofferenti:
San Pellegrino Laziosi da Forlì (1265-1345 ca.). Atti del Convegno di studio
nel 650° della morte (Roma, 9-11 ottobre 1996), (Scripta Pontificiae
Facultatis Theologicae Marianum 54, Nova Series 26), Edizioni «Marianum», Roma
1998, pp. 91-96; Idem, Il santo forlivese: San Pellegrino in S. Spada – F. Zaghini (a cura di), La piazza e il chiostro. San Pellegrino
Laziosi, Forlì e la Romagna
nel tardo Medioevo. Atti delle Giornate di studio (Forlì, 3-4 maggio 1996),
Forlì 1999, pp. 64-68.
[3] S. D’Altri, Duomo di
S. Croce in Forlì, Studio Costa, Bologna 2000, pp. 22.24.
[4] Si
veda in proposito M. Ragozzino, Guglielmo da Forlì, in Dizionario Biografico degli Italiani,
vol. 60, Roma 2003, pp. 806-808.
[6] S. D’Altri, Duomo di S. Croce in Forlì…, cit., p. 24.
[7] Cfr. A. M. Serra, San Pellegrino Laziosi da Forlì dei Servi di Maria (1265c.-1345 c.)… cit., pp. 216.221
[nota 72]; Idem, Il santo forlivese: San Pellegrino… cit.,
pp. 90-91 [nota 72]; S. D’Altri, Duomo di S. Croce in Forlì…, cit., p.
24.