Andrea del Sarto, Il beato Filippo Benizzi morto risuscita un bimbo |
«Nella
città di Todi vi era una vedova che aveva mandato nella vigna il suo unico
figlio. Mentre questi andava per la strada, trovò un lupo che lo azzannò alla
gola. Un uomo, che passava per la strada, vide il lupo assalire il ragazzo, e
si mise a gridare; il lupo allora fuggì, ed egli si avvicinò al ragazzo e lo
portò morto a sua madre. Ed essa, gridando e piangendo, andò al sepolcro del
beato Filippo e cominciò a gridare: "Uomo di Dio Filippo, prega per il mio
figliuolo". Mentre diceva così, subito dinanzi a tutto il popolo il morto
risuscitò» [2].
Ecco invece come lo racconta la Perugina:
«C'era una
vedova di Todi, a cui era morto l'unico figlio nello stesso giorno (della morte
del santo). Sentendo i miracoli che Dio mostrava davanti a tutti tramite il suo
santo Filippo, invocandolo con lacrime e pianti diceva: «O venerabile padre, beato Filippo, a cui Dio
ha concesso così grandi favori, vieni in mio aiuto, io che sono una vedova
abbandonata, e ridammi vivo il figlio mio e io te l'offrirò per sempre».
Cose mirabili a sentirsi! Mentre diceva questo, il fanciullo, che era morto,
subito si levò, vivo e sano, gridando e dicendo ad alta voce: «Mamma, ho visto san Filippo che mi strappava
dalla rovina della morte e mi ordinava di ritornare vivo nel corpo».
Quella allora, ringraziando immensamente, adempì quanto aveva promesso e alla
chiesa del beato Filippo donò il fanciullo insieme a molti doni» [3].
Pur con alcune discrepanze nella narrazione si può notare
come entrambi i testi si riferiscano allo stesso episodio. Punto di convergenza
tra le due legende è dato dalla
citazione della madre come “vedova”. Notiamo poi come la Vulgata sviluppi più la morte del fanciullo, mentre la Perugina dettaglia maggiormente l’invocazione
della madre. Detto episodio troverà poi uno sviluppo nell’iconografia del santo
di cui, tra tutte le raffigurazioni, la lunetta dipinta da Andrea del Sarto nel
Chiostrino dei Voti della Santissima Annunziata di Firenze, nell’ambito del
ciclo di affreschi dedicati a san Filippo (1509-1510), rappresenta il caso più
interessante da approfondire. Così ne parla il Vasari nelle sue celebri Vite: dopo aver affrescato tre scene
della vita del santo, Andrea
«ne
conseguì quella lode che meritamente si conveniva a una opera simil a quella. E
seguitò Andrea inanimito per la lode due altre istorie nel cortile medesimo. In
una faccia quando San Filippo è nella bara morto, et intorno e’ suoi frati lo
piangono, aggiuntovi un putto morto anch’egli, che nel farli toccare la bara
dove è San Filippo, risuscita, et èvvi contrafatto, e quando egli è morto e
quando egli è vivo, con una arte molto vivace e molto bella…..» [4].
Guardando la lunetta possiamo rilevare come questa riporti
gli elementi del prodigio descritti dalle due legende. Anzitutto si nota come
la parte centrale della scena sia occupata dal corpo esanime di Filippo che
viene sistemato da un frate servo di Maria sul feretro. Sulla sinistra, in
prossimità della testa notiamo alcuni frati che rendono l’estremo saluto al
loro priore Generale. Nell’affresco vi è poi la presenza di alcuni fedeli: due
si trovano sulla parte sinistra, un altro sta accosto ai frati di fronte al
feretro, altri cinque sostano a piedi del santo mentre un sesto si avvicina
dietro di loro. In quest’ultimo gruppo di fedeli, notiamo una donna, con un
velo bianco in capo e la mani giunte mentre prega il santo, “…Uomo di Dio Filippo, prega per il mio
figliuolo…”, di restituire la vita al suo unico figlio, steso ai piedi del feretro
con indosso una veste bianca e le mani incrociate sul grembo. L’attenzione dei
fedeli viene quindi attirata sia dalla morte del santo che da un altro
avvenimento che si svolge ai piedi del feretro. Difatti l’artista, subito
accanto al corpicino del bimbo morto, ne ha dipinto un altro, che poi è lo
stesso bambino, in atto di rialzarsi mentre tende la mano destra verso le
spoglie di san Filippo, la bocca come in atto di dire “…ho visto san Filippo
che mi strappava dalla rovina della morte e mi ordinava di ritornare vivo nel
corpo…”. E lo stupore dei presenti dev’essere grande se guardiamo i due
fedeli sulla sinistra della lunetta: quello vestito di viola, con una fascia
rossa ai fianchi, alza le mani come per lo stupore e volge lo sguardo al
compagno vicino come a dirgli “Lo vedi
anche tu?”. Calza a pennello, dunque, il giudizio del Vasari su questa
lunetta: “… una arte molto vivace e molto
bella”.
Particolare con i due volti restaurati |
Curiosamente, in merito all’origine di questo particolare della
lunetta ne dà notizia il Tonini nella Guida
Storico-Descrittiva del santuario (1876), il quale a sua volta la riprese
da Notizia dei Professori del Disegno da
Cimabue in qua… di Filippo Baldinucci (Firenze, 1845) [5].
Scrive così il Tonini:
«… nel farsi l’anno 1626 certo lavoro al di fuori, sotto il
loggiato, nel muro che risponde a questa lunetta, l’indiscretezza de’ muratori
fu tale, che ai loro colpi di martello rintronandone il muro, cadde lo scialbo
di questa pittura là ove appunto rimanevano con la testa quelle due figure
stanti, l’una di verde, l’altra di pavonazzo vestite» [6].
Ecco dunque il motivo della crepatura tutt’intorno ai volti. Ma
come possiamo vedere, i volti sono ancora al loro posto, grazie all’intervento
dell’artista Domenico Cresti, detto il Passignano (1558/59-1638), già autore di
alcune opere presenti alla Santissima Annunziata. Continua infatti il Tonini:
«…
Trovandosi presente il Passignano, solito in questo chiostro studiare e
dipingere, e’ raccolse di terra i frammenti del muro caduti, e con tale
accuratezza e maestria li ripose al suo luogo, che, chi non ha notizia del
fatto o non vi ponga singolare attenzione, non si avvede di alcun difetto»[7].
L’accuratezza e la maestria del Passignano indicano come anche i
restauri a volte diventano opere d’arte.
fra Emanuele M. Cattarossi
albatrosm2013@gmail.com
[1] cfr. Benedizionale di San Filippo Benizi, 1987,
p. 13
[2] Legenda “Vulgata”,
26
[3] Legenda “Perugina”, 29.
[4] Giorgio Vasari, Le Vite de’ più eccellenti architetti,
pittori, et scultori italiani da Cimabue, insino a’ tempi nostri, Firenze [1550-1568],
1966-1987, IV, p. 349.
[5] Filippo Baldinucci, Notizie de Professori del disegno da Cimabue in Qua…, Firenze 1702,
pp. 136-137.
[6] Il Santuario della Santissima Annunziata di Firenze. Guida
storico-illustrativa compilata da un religioso dei Servi di Maria, Firenze 1876,
p. 16.
[7] Ibidem.